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U' Scazzamurrill' appare all'improvviso. E' uno gnomo simpatico e dispettoso, che mangia solo frittelle e regala tarì, le antiche monete del Regno di Napoli, alle belle ragazze. Da tempo a Torremaggiore non si vedeva più. Ma oggi ha deciso di riapparire...

martedì, febbraio 26, 2008

I morti nostri, i morti loro


Il 12 novembre 2003 un attacco kamikaze contro il Comando Italiano a Nassirya in Iraq sventrava completamente la palazzina comando e lasciava sul campo 19 vittime tra militari e civili italiani. A quelle persone, a quei servitori della Patria morti per portare la pace e un pò di serenità in un Paese lontano sarà dedicato il parco antistante al Liceo Classico Fiani di Torremaggiore. L'inaugurazione è stata fissata per il prossimo 3 maggio e vedrà la presenza delle massime cariche dell'Arma dei Carabinieri, i parenti delle vittime di quella tragedia, importanti autorità civili e militari.
"La città di Torremaggiore - ha affermato il Sindaco Alcide Di Pumpo - vuole dare, con la dedicazione di un'area verde, a chi si è sacrificato per il nostro Paese e per la pace un tributo forte e sentito".

(Comunicato pubblicato sul sito internet del Comune di Torremaggiore)

Cara Amministrazione comunale di Torremaggiore, quando fate i comunicati, cercate un attimo di riflettere. Vi siete scordati nella "dedicazione" di nove civili iracheni, anch'essi innocenti, morti nell'attentato e dei tanti, troppi feriti. Tra gli altri ricordo un povero ragazzino con ustioni in tutto il corpo...lo trasportarono in Italia per cercare di curarlo. Chissà che ne sarà stato di quel bambino.

Oggi quasi nessuno più parla dell'Iraq. I morti sono morti - gli americani, gli inglesi, gli italiani, gli iracheni - e anche gli USA ormai si vergognano di quella guerra e di quell'occupazione. Aspettano solo l'occasione giusta per smobilitare. Eppure, come dimenticare l'enfasi guerrafondaia, le bugie di quei giorni? Prima il falso marchiano delle armi di distruzione di massa, poi le mille bugie per giustificare l'ingiustificabile.

I risultati di quella fase storica - la guerra al terrorismo - li abbiamo sotto gli occhi: il petrolio che ha superato i 100 dollari al barile (a marzo 2003 non arrivava a 25 dollari...e pensare che proprio per il petrolio siamo andati a quella guerra!), la Russia più forte che mai, paesi nelle mani dell'instabilità e un terrorismo che non è affatto terminato. Anche a Washington è ormai chiaro (e l'hanno detto pure loro) che questa guerra è stata un tremendo, assurdo errore.

Ovviamente la colpa non è del sindaco di Torremaggiore, figuriamoci. Certo, non dimentichiamo che il governo Berlusconi, sostenuto dal partito in cui attualmente milita il sindaco (Udc) e dai partiti che fanno parte della maggioranza anche nella nostra cittadina, hanno voluto partecipare a quella guerra prima che vi fosse un mandato Onu. Non una parola di scuse è venuta da loro: ci hanno portato a una sconfitta militare di cui paghiamo le conseguenze, e se ne fotto allegramente. Perché uno dei motivi per cui i prezzi sono schizzati verso l'alto, carissimi, è il fatto che paghiamo il petrolio quattro volte rispetto al 2001. E il petrolio - sotto formi di benzina o gasolio - non va solo nelle nostre automobili, ma anche nei camion che trasportano i beni di consumo ecc. ecc.

Non pretendo che AN, Forza Italia, Udc ci chiedano scusa, anche se forse dovrebbero. Non lo pretendo poi specialmente a Torremaggiore. Ma quando si commemorano i morti di questa guerra, per favor
e, commemoriamoli tutti. Non solo i nostri!

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mercoledì, febbraio 20, 2008

Parcheggi per Canguri


La pervicacia nell'errore è considerata universalmente un peccato capitale. "Errare humanum est, perseverare diabolicum" dice una massima mai smentita. L'Amministrazione comunale di Torremaggiore, diretta dall'ineffabile Sindaco-Canguro, pare essere avvezza al peccato. E così - come ci ha ricordato qualche giorno fa la Gazzetta del Mezzogiorno - ha dato inizio ai lavori nel cortile della scuola media Padre Pio di un costoso e assolutamente inutile parcheggio per i camper.

Centinaia di migliaia di euro verranno buttati per un'opera che non serve a nessuno. Questa folla di camper che, passando per Torremaggiore, non sapevano dove parcheggiare, l'ha mai vista qualcuno? Quale turista che si reca sul Gargano, per dire, parcheggerebbe mai il suo camper a Torremaggiore? E perché? Ancora, ma perché mai il cortile di una scuola deve essere utilizzato per un inutile parcheggio di camper e non, magari, riqualificato per usi più confacenti al ruolo della scuola e magari più utili all'intera collettività?

Tutte domande alle quali u' Scazzamurrill' non ha avuto risposta. Si è solo detto che quelli sono i soldi del Pis Normanno-Svevo-Angioino. Lo gnomo si chiede: ma questo è un buon motivo per gettarli in un'opera del tutto irrazionale?

Allora, a questo punto, perché non fare anche un parcheggio per aeroplani? Un parcheggio per yacht e barche a vela? Un parcheggio per treni? Un parcheggio per canguri?

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lunedì, febbraio 18, 2008

The Redeemer e altri fanciullini


Dopo il primo Congresso cittadino del Partito democratico, verrà presto organizzata l'assemblea fondativa dei Giovani democratici. In quella sede potranno essere recuperati i "pargoli" delusi dall'assemblea del PD.

Urlava, strepitava The Redeemer, il biancocrinuto exsindaco, rivendicando le Grandi Opere (Chiazz' d'a Funt'n, a Statue de PadrePije) fatte coi denari dei cittadini. "Aaaaaaaaaaaaaaaargghhhhhh ie aja sta' dint' u direttiv'!!!! Mi tocca per diritto divino!!!" E, se non mi mettete, diceva The Redeemer, io faccio la battaglia sui cavilli e sulle virgole del regolamento. E altrettanto faceano altri pargoletti della politica locale.

E, invece no! Questi cattivoni dei democratici d'ultima generazione, hanno detto che non c'era posto per i Redeemer. Però, abbiano fede, uno strapuntino nel movimento giovanile glielo si può pure trovare.

Ah, dimenticavo di dire: per una sera, u' Scazzamurrill' ha goduto come un riccio. Poi, chi vivrà, vedrà...

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mercoledì, febbraio 13, 2008

Desolation Road (SS16)



Ve la ricordate quella bellissima ballata di Bob Dylan, Desolation Road? Lo ricordate quel testo bellissimo?

Cinderella, she seems so easy
"It takes one to know one," she smiles
And puts her hands in her back pockets
Bette Davis style
And in comes Romeo, he's moaning
"You Belong to Me I Believe"
And someone says," You're in the wrong place, my friend
You better leave"
And the only sound that's left
After the ambulances go
Is Cinderella sweeping up
On Desolation Row

Fabrizio De André tradusse in italiano il testo e ne fece una versione bella e vibrante, intitolata Via della Povertà. La stessa seconda strofa, diceva così:

Cenerentola sembra così facile
ogni volta che sorride ti cattura
ricorda proprio Bette Davis
con le mani appoggiate alla cintura.
Arriva Romeo trafelato e le grida
"Il mio amore sei tu"
ma qualcuno gli dice di andar via
e di non riprovarci più
e l'unico suono che rimane
quando l'ambulanza se ne va
è Cenerentola che spazza la strada
in via della Povertà

Ho pensato a Desolation Road, alla Via della Desolazione, percorrendo in auto alcuni giorni fa la Statale 16 da Torremaggiore a Foggia. Tra la nostra città e Rignano garganico, praticamente a ogni stradina di campagna che incrociava la striscia d'asfalto, da una a tre ragazze di colore a cosce aperte e con l'ombrello aperto messo di lato, per proteggersi forse dal vento, attendevano i clienti. Seminude e intirizzite.

Su quella strada, da anni, ci sono tante di queste ragazze provenienti chissà da quale landa d'Africa. Ma mai ne avevo notate tante: giovani, belle, ma infreddolite e spente.

Quanto ci manca Pier Paolo Pasolini! Passando per Desolation Road SS16, il poeta friulano chissà cosa avrebbe potuto raccontare con la musica della sua poesia e con la poesia delle sue immagini. Lui avrebbe potuto raccontare la vita, i sogni, le paure di quelle ragazze abbandonate. Ma quanti anni avranno? E chi le aiuta?

Mi pare chiaro che non le aiuta la polizia, i carabinieri, i vigili dei comuni di competenza. Avessi mai visto un'azione di contrasto su quella strada...Niente: sembra che non si tratti di una via di comunicazione della "civile" Italia, ma di un lungo mercato d'esposizione di carni. Solo che quelle carni nere e splendenti, sono povere ragazze sfruttate, abusate, spesso ricattate. Chi ha il pelo sul cuore di diventarne "cliente"? Si sa, nostri concittadini, ovvio. E così, chi non controlla e chi entra nel mercato da cliente, fa l'interesse degli sfruttatori, che sono un'organizzazione e quindi sono mafiosi, sono mafia. Ogni centesimo immesso del mercato, questo lo sanno tutti, è dato alla mafia ed è tolto al futuro della nostra terra.

Ma non è questo che mi ha più colpito percorrendo Desolation Road. A rattristarmi davvero è stata la solitudine di quelle ragazze. E la loro piccola, inconsapevole vendetta: vedendole lì, ai due lati della strada, mi rubavano il paesaggio. Cioè, la loro presenza rendeva quella strada uno spicchio di mondo che non sapevo decodificare. Non sentivo più quella strada - percorsa tante volte da bambino - come mia, come appartenente al mio mondo, al nostro mondo. E la colpa è soprattutto nostra.

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martedì, febbraio 12, 2008

GoodNews: ci saranno le primarie (o primariette) per le liste del Pd!


A quanto pare ha vinto la linea di chi voleva le primarie anche per la formazione delle liste elettorali per il 13 e 14 ottobre del Partito democratico. Si tratterà, secondo quanto riferisce Repubblica.it, di "piccole primarie" o di "primariette" aperte agli iscritti, ma è ancora tutto da capire come saranno organizzate. Per intanto, diciamo che è una buona notizia.

Lancio lo slogan per la campagna elettorale di u' Scazzamurrill':

PIU' PRIMARIE, MENO PRIMARI!

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Napoli siamo noi /2


"Napoli siamo noi". Con l'accento sul "noi". La serata a tema di venerdì scorso è stata stimolante e produttiva. La partecipazione è stata superiore alle previsioni, tanto che gli organizzatori avevano scelto una saletta piccola rispetto a quelle che poi si sono rivelate le esigenze reali. Per di più, è stato piacevole vedere tante persone che non la pensano, da un punto di vista politico, in maniera uguale agli organizzatori.

La città partenopea, oggi sommersa dai rifiuti, è stata tre anni fa al centro di un libro di Giorgio Bocca dal titolo, appunto, "Napoli siamo noi". Da questa pubblicazione è partito un excursus che, toccando temi delicati dalla camorra alla gestione scriteriata delle varie amministrazioni regionali - da quella Rastrelli di centrodestra a quella Bassolino di centrosinistra - e alla fine del "rinascimento napoletano" che lo stesso Bassolino aveva contribuito a promuovere nella prima metà degli anni '90, è arrivata a delineare il profilo di quello che possiamo definire un vero e proprio disastro ecologico e sociale.

Ma Napoli non è un'eccezione, è solo il luogo in Italia dove le cose "accadono prima". Questa la tesi sviluppata nella serata, con esempi pratici che vanno dal Nord al Sud e da amministrazioni di destra e sinistra. In realtà, la fragile struttura sociale della Campania, rende più probabili le crisi. Tuttavia, il sistema dei rapporti politici, basato sul controllo di pacchetti di voti su logiche clientelari, è comune a tutto il Paese.

Ovviamente, la Puglia (dove, non dimentichiamolo, esistono 600 discariche abusive scoperte, figuriamoci quelle ancora ignote!) e il nostro territorio non possono dirsi per nulla immuni. Anzi, come è emerso dal dibattito, è integrato nel sistema di rapporti con la Campania per quel che riguarda l'agricoltura. In quanto alla politica, il sistema clientelare fa la parte del leone anche da noi.

Molte le proposte emerse, tra le quali la costituzione di una cooperativa per la raccolta porta a porta dei rifiuti differenziati. Tutto materiale che potrà essere parte del lavoro del nascente Comitato per lo Sviluppo, il quale si pone come punto di riferimento per coloro i quali, al di là del credo politico, intendono aprire un dibattito sulla possibilità di produrre uno sviluppo - equilibrato e sostenibile - per il nostro territorio.

Uno sviluppo che può partire, tuttavia, solo da un punto fermo: la volontà dei giovani di scrollarsi di dosso questa tara del sottosviluppo e di "rifondare" la nostra politica e la nostra economia su basi più solide e più pulite.

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lunedì, febbraio 11, 2008

PD, vogliamo le primarie per le politiche!!!!


Sabato 9 febbraio, San Severo, sala Cappuccini. Un "capelluto" senatore DS, normalmente considerato vicino al ministro degli Esteri uscente, ammannisce al popolo del Partito democratico (Pd) il "verbo" già espresso un miliardo di volte da VespaMentanaFloris. Insomma, i solit' strunz't. Peccato, perché il senatore è uno dei più intelligenti politici italiani (ed è vero!) Solo che, ormai, i nostri politici sono convinti che ripetendo le solite litanie, il loro elettori si adeguano...

All'interno del discorso, ben recitato indubbiamente, il senatore però ci cala anche il nome dei candidati per le imminenti politiche che, manco a dirlo, saranno quelli che già ci stavano: Colomba Mongiello e Bordo.

Al che u' Scazzamurrill' ha un sussulto: eccheccazz'!!!! Ma come, diciamo che sta legge elettorale ffa schif' perché non è giusto che le oligarchie delle segreterie romane impongano i candidati e quill' hanna iess', e a San Severo arriva il senatore Nicola Latorre a dirci che i candidati, che ci piaccia no, saranno quelli.

Non è un fatto personale, ma di metodo. Magari saranno anche bravi, ma la vogliamo finire di considerare la nostra gente una massa di pecoroni???? Siamo stufi di essere considerati statico "bacino elettorale" che si beve qualunque pillola arriva da Roma, Bari, Foggia e pure da San Zver'.

Invece, in linea inversa, il segretario regionale Michele Emiliano (vedere per credere: clicca) vuole le primarie, perché i candidati ce li dobbiamo scegliere noi. Buoni o cattivi, belli o brutti, strunz' o intelligenti, è il principio che conta: devono essere espressione del territorio!

U' Scazzamurrill' lancia un incitamento a Emiliano (non mollare! vogliamo le primarie!!) e dice a Latorre: "La prossima volta, per piacere, meno lezioncine già sentite a Porta a Porta e più dibattito. I politici non devono solo parlare, ma anche ascoltare!"

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martedì, febbraio 05, 2008

Napoli siamo noi!



Una serata per parlare della crisi del nostro modo di fare politica ed economia, a partire dal dramma di Napoli.

Venerdì prossimo a Corso Matteotti, 79 Torremaggiore
ore 19.00

Intervenite numerosi!!!!!!

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lunedì, febbraio 04, 2008

Riflessioni contro il clientelismo /2


Riporto per intero quest'intervista a Repubblica del 1981. Rappresenta un documento storico fondamentale sul tema della degenerazione della politica. Ed è di immutata attualità.

Intervista a Enrico Berlinguer

«I partiti sono diventati macchine di potere»

«I partiti non fanno più politica», dice Enrico Berlinguer.

«I partiti hanno degenerato e questa è l'origine dei malanni d'Italia».

Eugenio Scalfari

* * *

La passione è finita?

Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l'iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un "boss" e dei "sotto-boss". La carta geopolitica dei partiti è fatta di nomi e di luoghi. Per la DC: Bisaglia in Veneto, Gava in Campania, Lattanzio in Puglia, Andreotti nel Lazio, De Mita ad Avellino, Gaspari in Abruzzo, Forlani nelle Marche e così via. Ma per i socialisti, più o meno, è lo stesso e per i socialdemocratici peggio ancora...

Lei mi ha detto poco fa che la degenerazione dei partiti è il punto essenziale della crisi italiana.

È quello che io penso.

Per quale motivo?

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Per esempio, oggi c'è il pericolo che il maggior quotidiano italiano, il Corriere della Sera, cada in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma noi impediremo che un grande organo di stampa come il Corriere faccia una così brutta fine. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un'autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un'attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Lei fa un quadro della realtà italiana da far accapponare la pelle.

E secondo lei non corrisponde alla situazione?

Debbo riconoscere, signor Segretario, che in gran parte è un quadro realistico. Ma vorrei chiederle: se gli italiani sopportano questo stato di cose è segno che lo accettano o che non se ne accorgono. Altrimenti voi avreste conquistato la guida del paese da un pezzo.

La domanda è complessa. Mi consentirà di risponderle ordinatamente. Anzitutto: molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più. Vuole una conferma di quanto dico? Confronti il voto che gli italiani hanno dato in occasione dei referendum e quello delle normali elezioni politiche e amministrative. Il voto ai referendum non comporta favori, non coinvolge rapporti clientelari, non mette in gioco e non mobilita candidati e interessi privati o di un gruppo o di parte. È un voto assolutamente libero da questo genere di condizionamenti. Ebbene, sia nel '74 per il divorzio, sia, ancor di più, nell'81 per l'aborto, gli italiani hanno fornito l'immagine di un paese liberissimo e moderno, hanno dato un voto di progresso. Al nord come al sud, nelle città come nelle campagne, nei quartieri borghesi come in quelli operai e proletari. Nelle elezioni politiche e amministrative il quadro cambia, anche a distanza di poche settimane.

Veniamo all'altra mia domanda, se permette, signor Segretario: dovreste aver vinto da un pezzo, se le cose stanno come lei descrive.

In un certo senso, al contrario, può apparire persino straordinario che un partito come il nostro, che va così decisamente contro l'andazzo corrente, conservi tanti consensi e persino li accresca. Ma io credo di sapere a che cosa lei pensa: poiché noi dichiariamo di essere un partito "diverso" dagli altri, lei pensa che gli italiani abbiano timore di questa diversità.

Sì, è così, penso proprio a questa vostra conclamata diversità. A volte ne parlate come se foste dei marziani, oppure dei missionari in terra d'infedeli: e la gente diffida. Vuole spiegarmi con chiarezza in che consiste la vostra diversità? C'è da averne paura?

Qualcuno, sì, ha ragione di temerne, e lei capisce subito chi intendo. Per una risposta chiara alla sua domanda, elencherò per punti molto semplici in che consiste il nostro essere diversi, così spero non ci sarà più margine all'equivoco. Dunque: primo, noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni. Ecco la prima ragione della nostra diversità. Le sembra che debba incutere tanta paura agli italiani?

Veniamo alla seconda diversità.

Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.

Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.

Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa. Noi comunisti abbiamo sessant'anni di storia alle spalle e abbiamo dimostrato di perseguirle e di farle sul serio. In galera con gli operai ci siamo stati noi; sui monti con i partigiani ci siamo stati noi; nelle borgate con i disoccupati ci siamo stati noi; con le donne, con il proletariato emarginato, con i giovani ci siamo stati noi; alla direzione di certi comuni, di certe regioni, amministrate con onestà, ci siamo stati noi.

Non voi soltanto.

È vero, ma noi soprattutto. E passiamo al terzo punto di diversità. Noi pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza. Non vogliamo seguire i modelli di socialismo che si sono finora realizzati, rifiutiamo una rigida e centralizzata pianificazione dell'economia, pensiamo che il mercato possa mantenere una funzione essenziale, che l'iniziativa individuale sia insostituibile, che l'impresa privata abbia un suo spazio e conservi un suo ruolo importante. Ma siamo convinti che tutte queste realtà, dentro le forme capitalistiche -e soprattutto, oggi, sotto la cappa di piombo del sistema imperniato sulla DC- non funzionano più, e che quindi si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell'attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?

Non trovo grandi differenze rispetto a quanto può pensare un convinto socialdemocratico europeo. Però a lei sembra un'offesa essere paragonato ad un socialdemocratico.

Bè, una differenza sostanziale esiste. La socialdemocrazia (parlo di quella seria, s'intende) si è sempre molto preoccupata degli operai, dei lavoratori sindacalmente organizzati e poco o nulla degli emarginati, dei sottoproletari, delle donne. Infatti, ora che si sono esauriti gli antichi margini di uno sviluppo capitalistico che consentivano una politica socialdemocratica, ora che i problemi che io prima ricordavo sono scoppiati in tutto l'occidente capitalistico, vi sono segni di crisi anche nella socialdemocrazia tedesca e nel laburismo inglese, proprio perché i partiti socialdemocratici si trovano di fronte a realtà per essi finora ignote o da essi ignorate.

Dunque, siete un partito socialista serio...

...nel senso che vogliamo costruire sul serio il socialismo...

Le dispiace, la preoccupa che il PSI lanci segnali verso strati borghesi della società?

No, non mi preoccupa. Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese.

Secondo lei, quel mutamento di metodi e di politica c'è o no?

Francamente, no. Lei forse lo vede? La gente se ne accorge? Vada in giro per la Sicilia, ad esempio: vedrà che in gran parte c'è stato un trasferimento di clientele. Non voglio affermare che sempre e dovunque sia così. Ma affermo che socialisti e socialdemocratici non hanno finora dato alcun segno di voler iniziare quella riforma del rapporto tra partiti e istituzioni -che poi non è altro che un corretto ripristino del dettato costituzionale- senza la quale non può cominciare alcun rinnovamento e sanza la quale la questione morale resterà del tutto insoluta.

Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semmplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono profare d'essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.

Signor Segretario, in tutto il mondo occidentale si è d'accordo sul fatto che il nemico principale da battere in questo momento sia l'inflazione, e difatti le politiche economiche di tutti i paesi industrializzati puntano a realizzare quell'obiettivo. È anche lei del medesimo parere?

Risponderò nello stesso modo di Mitterand: il principale malanno delle società occidentali è la disoccupazione. I due mali non vanno visti separatamente. L'inflazione è -se vogliamo- l'altro rovescio della medaglia. Bisogna impegnarsi a fondo contro l'una e contro l'altra. Guai a dissociare questa battaglia, guai a pensare, per esempio, che pur di domare l'inflazione si debba pagare il prezzo d'una recessione massiccia e d'una disoccupazione, come già in larga misura sta avvenendo. Ci ritroveremmo tutti in mezzo ad una catastrofe sociale di proporzioni impensabili.

Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell' "austerità". Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito...

Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industializzati -di fronte all'aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all'avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza- non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la "civiltà dei consumi", con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico. Ma dicevamo dell'austerità. Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell'economia, ma che l'insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l'avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani). Questo fu il nostro modo di porre il problema dell'austerità e della contemporanea lotta all'inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.

E il costo del lavoro? Le sembra un tema da dimenticare?

Il costo del lavoro va anch'esso affrontato e, nel complesso, contenuto, operando soprattutto sul fronte dell'aumento della produttività. Voglio dirle però con tutta franchezza che quando si chiedono sacrifici al paese e si comincia con il chiederli -come al solito- ai lavoratori, mentre si ha alle spalle una questione come la P2, è assai difficile ricevere ascolto ed essere credibili. Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire.

«La Repubblica», 28 luglio 1981

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venerdì, febbraio 01, 2008

Riflessioni contro il clientelismo /1


U' Scazzamurrill' fa partire da oggi una serie di riflessioni sul fenomeno del clientelismo, del nepotismo e dell'occupazione partitocratica di settori della società e dell'apparato produttivo meridionale. Lo gnomo, oltre a esprimere le proprie opinioni, è interessato a ospitare interventi di tutti coloro che vogliano dire la loro. E' un argomento centrale, se vogliamo far ripartire il nostro territorio. Quindi, sotto coi vostri contributi.

La notizia è di oggi: Wang Wulong, un alto funzionario cinese della provincia del Jiangsu, è stato condannato a morte per corruzione. Un provvedimento durissimo, aberrante per chi (come chi scrive) ritiene che la pena di morte sia da bandire dalla pratica umana, ma del tutto logico nel quadro della durissima campagna che il governo di Pechino ha lanciato contro i fenomeni corruttivi, assai diffusi nella Repubblica popolare.

Italia e Cina hanno molti più aspetti in comune di quelli che saremmo normalmente portati a pensare. Uno di questi è, senza dubbio, il fenomeno della corruzione diffusa. E del clientelismo, che è in fondo una forma di corruzione.

Quanto costano il clientelismo e la corruzione al nostro Paese? Per avere un quadro, basterebbe leggere il libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella "La casta", che tanto scalpore ha fatto nell'anno appena concluso. Questo fenomeno non è tipicamente meridionale, o meglio non è soltanto meridionale, anche se nell'immaginario collettivo viene spesso associato a una modalità di rapporto tra cittadini e politica diffuso al Sud. Difficile, tuttavia, non considerare una forma di clientelismo - anche se, ammettiamolo, più efficiente - il rapporto tra giunte di sinistra e mondo cooperativo in certe regioni del centro e tra giunte di destra e mondo cattolico in altre regioni del Nord. A noi meridionali, tuttavia, interessa focalizzarci sul Sud.

Cosa vuol dire clientelismo e in che senso il clientelismo è un fenomeno corruttivo? Partiamo dalle origini. La parola "clientelismo" deriva dai "clientes" latini che erano cittadini liberi ma di condizioni sociali svantaggiate, i quali si rivolgevano a un "patronus", una persona di rango sociale più elevato, per ottenere protezione, assistenza e accedere a ruoli che non avrebbero potuto ottenere con le loro forze sia contrattuali sia culturali.

Nell'antica Roma essere "clientes" non voleva certo dire essere incapaci. Quanti intellettuali "provinciali" arrivavano a Roma per assumere la condizione di cliente? Tra i tanti, il poeta Marziale. Non c'era nulla di male, era una condizione normale. E, altrettanto, era nello spirito dei tempi che, nei regimi assolutistici gerarchizzati, la natura personalistica (e feudale) dei rapporti portasse naturalmente a creare vincoli di protezione/dipendenza.

Le cose, tuttavia, cambiano con la democrazia e con la diffusione dei partiti di massa. Il concetto di rappresentanza degli interessi legittimi di classi sociali e di gruppi è stato assunto dalle formazioni politiche. Tuttavia, come si sa, raramente un fenomeno profondamente radicato scompare. Così, il clientelismo ha concentrato il suo campo d'applicazione nel rapporto tra politico ed elettore, in cui il professionista della politica s'impegna a perorare la causa del "cliente", utilizzando il suo ruolo pubblico (e anche pubbliche risorse) in cambio di voti.

Quest'ultima variante corruttiva viene definita "voto di scambio" ed è reato penale in questo paese. Senonché, essendo purtroppo pratica comune, non viene più neanche percepita come illegale, oltre che eticamente censurabile. Ed è un gravissimo errore, dal punto di vista dei diritti civili, ma anche dell'efficienza dello Stato.

Al clientelismo va inoltre correlato il fenomeno della "raccomandazione". L'enciclopedia online Wikipedia, la definisce così: "Nel linguaggio comune la raccomandazione consiste in una pratica, largamente diffusa in Italia, di segnalare qualcuno con il chiaro intento di porlo in una situazione di vantaggio rispetto ad altri in particolari situazioni (selezioni, concorsi, ecc.)". Nel nostro Meridione questo modo di agire è così diffuso, che si arriva a "raccomandarsi" non solo per ottenere ciò a cui non si avrebbe diritto, ma anche ciò che ci spetterebbe: visite mediche, certificati ecc. Per molti aspetti, il fenomeno del clientelismo e della raccomandazione, da un punto di vista terminologico, sono l'opposto della meritocrazia. E il voto di scambio è una grave, gravissima distorsione della democrazia.

La meritocrazia è la concezione per la quale l'avanzamento sociale, la carriera, dovrebbero essere basati sulle effettive capacità della persona. Del termine, in verità, negli ultimi anni si è abbastanza abusato. In molti hanno utilizzato il concetto di meritocrazia come clava per sostenere una differenziazione delle opportunità in base alle università/scuole di provenienza (di serie A, B ecc.) Questo ha dato una connotazione classista al termine. Le cose non possono stare come descritto da costoro: qualunque concezione liberale si basa sul principio che deve esistere un'eguaglianza sostanziale delle condizioni di partenza. Il merito sta proprio nell'emergere tra altri che hanno le stesse opportunità. Compito di una democrazia liberale è proprio quella di eliminare le disparità di partenza tra i cittadini. In questo senso, non esiste nulla di più anti-meritocratico (e anti-democratico) di quanto detto due anni fa dal presidente del consiglio uscente Silvio Berlusconi nel faccia a faccia elettorale televisivo con lo sfidante Romano Prodi. "Vogliono - disse il Cavaliere - che il figlio dell'operaio sia come quello del professionista". Ebbene, una concezione liberale vorrebbe proprio questo. L'operaio non è come il professionista (ma potrebbe esserlo, è il mercato che decide nella visione del mondo liberale). Ma i figli, i figli che c'entrano?
(le prossime puntate nei giorni a venire)

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