Riflessioni contro il clientelismo /1
U' Scazzamurrill' fa partire da oggi una serie di riflessioni sul fenomeno del clientelismo, del nepotismo e dell'occupazione partitocratica di settori della società e dell'apparato produttivo meridionale. Lo gnomo, oltre a esprimere le proprie opinioni, è interessato a ospitare interventi di tutti coloro che vogliano dire la loro. E' un argomento centrale, se vogliamo far ripartire il nostro territorio. Quindi, sotto coi vostri contributi.
La notizia è di oggi: Wang Wulong, un alto funzionario cinese della provincia del Jiangsu, è stato condannato a morte per corruzione. Un provvedimento durissimo, aberrante per chi (come chi scrive) ritiene che la pena di morte sia da bandire dalla pratica umana, ma del tutto logico nel quadro della durissima campagna che il governo di Pechino ha lanciato contro i fenomeni corruttivi, assai diffusi nella Repubblica popolare.
Italia e Cina hanno molti più aspetti in comune di quelli che saremmo normalmente portati a pensare. Uno di questi è, senza dubbio, il fenomeno della corruzione diffusa. E del clientelismo, che è in fondo una forma di corruzione.
Quanto costano il clientelismo e la corruzione al nostro Paese? Per avere un quadro, basterebbe leggere il libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella "La casta", che tanto scalpore ha fatto nell'anno appena concluso. Questo fenomeno non è tipicamente meridionale, o meglio non è soltanto meridionale, anche se nell'immaginario collettivo viene spesso associato a una modalità di rapporto tra cittadini e politica diffuso al Sud. Difficile, tuttavia, non considerare una forma di clientelismo - anche se, ammettiamolo, più efficiente - il rapporto tra giunte di sinistra e mondo cooperativo in certe regioni del centro e tra giunte di destra e mondo cattolico in altre regioni del Nord. A noi meridionali, tuttavia, interessa focalizzarci sul Sud.
Cosa vuol dire clientelismo e in che senso il clientelismo è un fenomeno corruttivo? Partiamo dalle origini. La parola "clientelismo" deriva dai "clientes" latini che erano cittadini liberi ma di condizioni sociali svantaggiate, i quali si rivolgevano a un "patronus", una persona di rango sociale più elevato, per ottenere protezione, assistenza e accedere a ruoli che non avrebbero potuto ottenere con le loro forze sia contrattuali sia culturali.
Nell'antica Roma essere "clientes" non voleva certo dire essere incapaci. Quanti intellettuali "provinciali" arrivavano a Roma per assumere la condizione di cliente? Tra i tanti, il poeta Marziale. Non c'era nulla di male, era una condizione normale. E, altrettanto, era nello spirito dei tempi che, nei regimi assolutistici gerarchizzati, la natura personalistica (e feudale) dei rapporti portasse naturalmente a creare vincoli di protezione/dipendenza.
Le cose, tuttavia, cambiano con la democrazia e con la diffusione dei partiti di massa. Il concetto di rappresentanza degli interessi legittimi di classi sociali e di gruppi è stato assunto dalle formazioni politiche. Tuttavia, come si sa, raramente un fenomeno profondamente radicato scompare. Così, il clientelismo ha concentrato il suo campo d'applicazione nel rapporto tra politico ed elettore, in cui il professionista della politica s'impegna a perorare la causa del "cliente", utilizzando il suo ruolo pubblico (e anche pubbliche risorse) in cambio di voti.
Quest'ultima variante corruttiva viene definita "voto di scambio" ed è reato penale in questo paese. Senonché, essendo purtroppo pratica comune, non viene più neanche percepita come illegale, oltre che eticamente censurabile. Ed è un gravissimo errore, dal punto di vista dei diritti civili, ma anche dell'efficienza dello Stato.
Al clientelismo va inoltre correlato il fenomeno della "raccomandazione". L'enciclopedia online Wikipedia, la definisce così: "Nel linguaggio comune la raccomandazione consiste in una pratica, largamente diffusa in Italia, di segnalare qualcuno con il chiaro intento di porlo in una situazione di vantaggio rispetto ad altri in particolari situazioni (selezioni, concorsi, ecc.)". Nel nostro Meridione questo modo di agire è così diffuso, che si arriva a "raccomandarsi" non solo per ottenere ciò a cui non si avrebbe diritto, ma anche ciò che ci spetterebbe: visite mediche, certificati ecc. Per molti aspetti, il fenomeno del clientelismo e della raccomandazione, da un punto di vista terminologico, sono l'opposto della meritocrazia. E il voto di scambio è una grave, gravissima distorsione della democrazia.
La meritocrazia è la concezione per la quale l'avanzamento sociale, la carriera, dovrebbero essere basati sulle effettive capacità della persona. Del termine, in verità, negli ultimi anni si è abbastanza abusato. In molti hanno utilizzato il concetto di meritocrazia come clava per sostenere una differenziazione delle opportunità in base alle università/scuole di provenienza (di serie A, B ecc.) Questo ha dato una connotazione classista al termine. Le cose non possono stare come descritto da costoro: qualunque concezione liberale si basa sul principio che deve esistere un'eguaglianza sostanziale delle condizioni di partenza. Il merito sta proprio nell'emergere tra altri che hanno le stesse opportunità. Compito di una democrazia liberale è proprio quella di eliminare le disparità di partenza tra i cittadini. In questo senso, non esiste nulla di più anti-meritocratico (e anti-democratico) di quanto detto due anni fa dal presidente del consiglio uscente Silvio Berlusconi nel faccia a faccia elettorale televisivo con lo sfidante Romano Prodi. "Vogliono - disse il Cavaliere - che il figlio dell'operaio sia come quello del professionista". Ebbene, una concezione liberale vorrebbe proprio questo. L'operaio non è come il professionista (ma potrebbe esserlo, è il mercato che decide nella visione del mondo liberale). Ma i figli, i figli che c'entrano?
(le prossime puntate nei giorni a venire)
3 Comments:
questo "articolo" mi è servito molto x un tema di storia...grazie...^_^
baci
6:51 PM
Ne sono lieto, grazie per avermelo segnalato!!!
10:14 AM
jessica...ma sei tu???? XD
8:13 PM
Posta un commento
<< Home