Dov'è finito il querulo segretario provinciale, sempre pronto a dare ordini, di fronte al disastro torremaggiorese del Pd?
Io cerco Paolo Campo,
lo cerco e non lo trovo,
chissà dov'è finito,
chissà dove sarà...
lalalalala, lallà!
E sì. Io cerco Paolo Campo. Il segretario provinciale del Partito democratico che nelle scorse settimane è stato attivissimo a far pendere la bilancia verso quella parte del partito che ha fatto di tutto per creare le condizioni per un ribaltone a Torremaggiore, dicendo no a tutte le proposte che venivano dalla minoranza del Pd rappresentata in consiglio comunale da Marinelli e Russo. Ora che il ribaltone rischia di perfezionarsi (e ancora non accade solo per l'inaffidabilità di chi dovrebbe far parte di quella maggioranza), dov'è Paolo Campo? Perché non interviene con l'azione politica, che è quel che è richiesto a un leader politico?
E' facile dire sempre di no. Mandare avanti gli altri, per poi frenare da dietro se non si ottiene quel che si vuole in termini di posizionamento. Il punto è che, poi, di fronte alla prospettiva di cadere, non tutti sono consequenziali. C'è pure chi, in un mondo post-ideologico, si va a cercare una maggioranza diversa da quella che l'ha indicato e votato. E' successo con la precedente gestione Di Pumpo (che giustamente soprannominai Ribaltello). Rischia di accadere con l'attuale sindaco Ciancio. E il Pd non ha imparato niente: s'è ormai specializzato a far scappare sindaci eletti coi suoi voti.
A quel punto è comodissimo gridare al ribaltone, assolvendosi e giudicandosi gli unici "puri". Peccato che poi uno si chiede: ma è possibile che gli unici "puri" siamo noi? Non è che, per caso, in questo vittimismo ci sia un peccato originale, che è quello appunto d'aver creato le condizioni perché tutto ciò avvenisse? Io non credo che l'uomo sia fondamentalmente buono o cattivo in politica. Odio questa visione personalistica, perché la politica si costruisce attraverso scelte e linee politiche. Le ubbìe degli uomini emergono quando recede la politica.
Che la linea politica del Pd fosse sciagurata, inutile, capronesca, era chiaro a chiunque non fosse obnubilato dall'autoammirazione e dall'autocommiserazione. Prima la guerriglia, poi l'aperta guerra con manifesti e dichiarazioni unilaterali, puntando su una possibile giunta politica sostenuta dai tre indipendenti sulla cui affidabilità politica abbiamo potuto vedere nell'ultimo consiglio comunale. Era evidente a tutti che non poteva funzionare. L'unica via - se si voleva evitare di andare subito a elezioni, come per inciso noi chiedevamo - era quella imboccata all'inizio, su cui anche quella parte del Pd aveva dato un via libera (tra mille distinguo e mal di pancia): una giunta tecnico-programmatica che facesse alcune cose necessarie per il paese con il sostegno in consiglio comunale di tutte le forze di buona volontà.
Marinelli e Russo, con noi tutti della mozione per il rinnovamento del Pd, hanno fatto l'impossibile per cercare di creare le condizioni per la realizzazione di questa ipotesi, anche attraverso un allargamento della giunta a quattro. Proposte che il Pd ha rigettato perché qualcuno doveva vantarsi d'aver portato a Foggia la testa di Ciancio. Così, chi cercava di evitare questo disastro, s'è dovuto scontrare non solo con l'ostilità politica, ma addirittura con gli insulti personali, con il sospetto che volesse addirittura dichiararsi indipendente in consiglio per sostenere Ciancio. Un'orgia di maldicenze, poi smentita dai fatti: quando s'è votato Marinelli e Russo hanno rispettato la linea del partito, pur combattuta perché palesemente assurda. Si chiama correttezza politica, questa. Ma i grandi strateghi di questa Waterloo non lo riconosceranno mai.
Oggi quanto quella linea fosse disastrosa s'è dimostrato coi numeri in Consiglio comunale. I tre indipendenti non si sono presentati. E' evidente: hanno qualche specifico obiettivo politico che stanno probabilmente in queste ore cercando di conseguire. La "grande coalizione" a 10 che qualcuno si vantava d'aver creato nelle riunioni dei consiglieri comunali del Pd, è evaporata e a votare contro la fiducia sono rimasti solo i quattro del Pd e Mina Leccese. Peggio: s'è materializzato l'incubo di un nuovo ribaltone, di nuovi lunghi anni d'opposizione.
Solo un rinsavimento dell'ultimo istante potrebbe ancora impedire lo scempio. Rinsavimento vuol dire un cambiamento repentino di linea del partito e intervento con una proposta forte. Ma per fare questo, c'è bisogno di capacità di leadership. E cosa vuol dire leadership? Dare sempre ragione ai propri sottopancia locali? Fare gli autoritari, prescidendo dal fatto che, per essere autoritari, bisogna prima essere autorevoli e per essere autorevoli bisogna esercitare la capacità d'ascolto ancor più che quella di scelta? Leadership vuol dire anche essere in grado di far prevalere - col ragionamento e con l'azione - la prorpia idea in tutte le condizioni, anche le peggiori. Ecco, ora il Pd avrebbe ora bisogno di una leadership. Ma la leadership del Pd - il signor Campo, che d'ora in poi chiamerò "La Titina" - s'è squagliata. E così:
Io cerco Paolo Campo,
lo cerco e non lo trovo,
chissà dov'è finito,
chissà dove sarà...
lalalalala, lallà!Etichette: Amministrazione, Centrosinistra, Consiglio comunale, Partito democratico