61 anni fa, l'eccidio di Torremaggiore
Domani si ricorda una strage di sconcertante attualità
Domani fanno 61 anni da un evento doloroso e drammatico che ha segnato la storia delle lotte contadine italiane: l'eccidio di Torremaggiore del 29 novembre 1949. Con le stragi di Melissa e Montescaglioso, oltre che coi morti di Modena di soli due mesi dopo, rappresenta una pagina nera della storia del dopoguerra.
La strage avvenne al secondo di due giorni di sciopero generale. Da mesi l'intera Capitanata era centro di una mobilitazione nazionale per il salario, l'occupazione, per la riforma agraria, per i diritti. A protestare quei braccianti che, guardati con disprezzo dagli agrari e dai padroni, si spaccavano le schiene per tirar su il pane da dare ai propri figli. Un mondo ben raccontato dalle dolenti canzoni di Matteo Salvatore.
Il 29 novembre i braccianti torremaggioresi si trovavano davanti alla Camera del Lavoro per ascoltare il discorso del segretario locale della Cgil. Fu dapprima intimato loro di disperdersi dai Carabinieri della locale stazione. Dopodiché arrivò da San Severo la Celere, la famigerata polizia del ministro degli Interni Mario Scelba, che sparò a freddo contro la folla. Sul terreno restarono Antonio La Vacca e Giuseppe Lamedica. Il primo morì subito, il secondo fu ferito e la polizia impedì i soccorsi, tanto che poi morì.
Si tentò anche di vietare che si tenessero funerali pubblici. Ma non fu possibile: un lungo e dolente corteo attraversò a Torremaggiore per portare le povere salme al cimitero. A capeggiarlo un grandissimo personaggio della Storia italiana e del movimento operaio: Giuseppe Di Vittorio.
Va ricordato l'assassinio di La Vacca e Lamedica, non solo perché è un episodio della nostra storia. Ma anche perché, in un momento in cui il mondo del lavoro in Italia è sempre più caratterizzato da precarietà e sfruttamento, in cui il potere d'acquisto dei salari è sempre più eroso, in cui i diritti sono messi in discussione, è bene ricordare da dove veniamo e dove potremmo ritornare. Le lotte dei nostri nonni hanno portato a una maggiore giustizia sociale, ma oggi, giorno per giorno, vediamo che pezzi di quei diritti che loro hanno conquistato col sangue, ci vengono tolti. Quando affermiamo che "tanto non c'è niente da fare" o che "tanto il mondo va così" riflettiamo sul sacrificio di chi ha perso la vita per i nostri diritti.
Per chi vuol saperne di più: Michele Marinelli, "Le lotte per la terra in Capitanata e l'eccidio di Torremaggiore", Teti, 1978.
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